Intervista a Viviana De Cecco

Ciao Viviana, dopo aver letto tutti i tuoi romanzi era doverosa un’intervista per capire come nascono le tue storie e le tue idee. Ricordo ai lettori che finora Viviana De Cecco ha scritto tre romanzi: Il bunker (Sui resti dell’inganno), Dove si annida il male, Una parola per salvarsi; più diversi racconti che spaziano dall’horror al sentimentale, passando ovviamente per il thriller. Il suo ultimo racconto horror Il maestro delle Ombre è finito addirittura nei besteller negli Stati Uniti.
Inizierei col chiederti, come sei diventata una scrittrice thriller e perché tra gli altri hai scelto anche questo genere.

VD. Il mio interesse per il thriller è nata fin da quand’ero piccola. Mio padre è un appassionato del genere e mi ha trasmesso la passione per il brivido, facendomi esplorare la sua libreria invasa dai vecchi volumi di un bel giallo brillante dei Gialli Mondadori. Quindi, ho iniziato come accanita lettrice. In seguito, mi sono divertita a cimentarmi con le storie che io stessa avrei voluto leggere. Ho scelto il thriller perché credo sia un genere che, al di là dell’intrattenimento, ponga molte domande e a me ha sempre affascinato poter cercare delle risposte. I misteri che mi interessano riguardano le dinamiche dei rapporti umani, che spesso diventano un campo minato in cui dover combattere per la sopravvivenza. Sembrerà una visione pessimistica, ma penso che scrivere thriller aiuti a capire che il male esiste e che lo si può conoscere per affrontarlo al meglio.


Come riesci a spaziare tra i diversi generi e se ti viene naturale in qualche modo mischiarli all’interno di un racconto.

VD. Quando scrivo non riesco mai a seguire i canoni di un unico genere. È un istinto naturale che, forse, nasce dal fatto che ho sempre letto di tutto, dai classici alla narrativa di genere. Nella mia mente, inoltre, creo situazioni che possano rispecchiare la vita quotidiana. Amore, morte, dramma, paura e così via. Penso che l’esistenza non si regga sui sensi unici e che nell’animo umano non prevalga mai una sola caratteristica. Per questo mi piace rappresentare le storie come un insieme di elementi diversi che vadano a comporre un puzzle di generi in cui si combina l’azione all’indagine psicologica.


I tuoi romanzi hanno tutti una caratteristica in comune: le storie dei vari personaggi che si incastrano. Come crei i diversi personaggi e come riesci ad incastrare le loro storie?

VD. I miei personaggi si ispirano spesso alle persone che ho incontrato, conosciuto o semplicemente osservato nella realtà. Con la giusta dose di fantasia, ovviamente, cerco di rappresentare dei protagonisti che si avvicinino al mondo comune. In ognuno di loro convivono pregi e difetti, bene e male, dubbi e certezze. Non amo i personaggi perfetti o i supereroi, perché sono io stessa la prima a non esserlo. Per il resto, ascolto, osservo e registro nella memoria dettagli strani, insoliti o qualunque cosa catturi la mia attenzione, per poi trovare lo spunto per la narrazione. Per quanto riguarda gli incastri, una volta terminata la fase dell’ispirazione, è necessario, per me, stilare la classica scaletta. Se da un lato il thriller si basa su un’idea di getto, dall’altro devo studiarci sopra per non trascurare eventuali indizi o mancate spiegazioni. Ammetto che ogni tanto cambio direzione sull’onda di nuovi spunti e modifico varie volte i capitoli fino a realizzare quello che mi sembra più giusto.


C’è un romanzo a cui tieni di più, o vuoi bene a tutti loro come se fossero dei figli ?

VD. Confesso che sono una “mamma” con due “figli” prediletti. II mio primo romanzo, Il Bunker- Sui resti dell’inganno e il racconto L’uomo della tempesta, sono quelli a cui sono più legata. Sono stati ambientati nelle due terre che amo di più. Sardegna e Friuli. Il Bunker, che si svolge nelle valli del Tagliamento, mi ricorda le estati in cui mio padre (friulano) mi ha sempre portato in vacanza, alla scoperta di zone misteriose, poco battute dai turisti e che hanno conservato un alone di fascino storico. Il fiume, le montagne, i boschi e i piccoli paesi di provincia, con i loro segreti e i silenzi che si nascondono nelle case di pietra, sono stati un ottimo spunto per narrare qualcosa di familiare. Il secondo, invece, mi riporta al mare della mia cara città e all’enorme ospedale abbandonato che si erge sulla spiaggia, dove ombra e sole si incontrano, tra corridoi bui e strida di gabbiani. Un edificio che deturpa il paesaggio, ma che dovrebbe essere recuperato per esaltare la bellezza del nostro litorale e che nel frattempo è diventato teatro del mio racconto.


Quale storia ti ha rubato più tempo ed è stata più difficile da assemblare?

VD. Una parola per salvarsi. Il mio romanzo più lungo e articolato. Avendo scelto un ambiente chiuso, ho dovuto trovare un compromesso tra il ritmo, le descrizioni e i dialoghi. Il risultato si può ancora migliorare, ma per ora sono felice di averlo scritto, perché mi ha spinto a mettermi alla prova in un romanzo più complesso che ruotasse intorno a un personaggio come un ispettore pittore. Amo l’arte e i dipinti, quindi mi affascinava inventare un uomo che potesse darmi l’occasione di guardare il mondo criminale attraverso il disegno.


Sei diventata scrittrice in un periodo complicato per l’editoria. Come ti dibatti tra self publishing ed i diversi editori?

VD. Sì, purtroppo non è un periodo facile per l’editoria italiana e per la cultura in generale. Ma sono convinta che non ci si debba arrendere. Sarà che ho un carattere molto forte, ma credo fermamente che gli ostacoli vadano superati con fiducia e volontà di reagire. Per adesso, posso dire che mi sono trovata molto bene con le piccole case editrici che hanno scelto i miei romanzi. È stata una grande soddisfazione scoprire che, una volta aperto il mio cassetto stracolmo di scritti, anche qualcun altro fosse interessato a pubblicare le mie opere. Per quanto riguarda il self-publishing, sono ancora incerta. Mi sono buttata in questa esperienza da poche settimane, quindi non ho abbastanza elementi e risultati per poterla valutare e, in ogni caso, sarebbe una mia opinione. So che molti lo preferiscono all’editoria tradizionale. Da lettrice, non ho pregiudizi. Se un’opera è valida, penso che entrambe le soluzioni siano interessanti.


E’ di poche settimane fa la notizia del cambio di titolo de Il bunker diventato Sui resti dell’inganno. Come mai hai deciso di modificare titolo e copertina del tuo primo romanzo?

VD. Alcune lettrici mi hanno consigliato di scegliere un titolo che rispecchiasse maggiormente il contenuto del romanzo. Molte hanno pensato a un argomento di stampo militare o mafioso. Ho preferito seguire i loro suggerimenti, visto che il libro parla degli errori del passato e dei resti di un uomo ritrovato dopo anni di oblio. Anche la cover, ha un impatto meno violento. Nell’opera, infatti, l’aspetto psicologico si mescola sempre all’azione. Con la chiusura della casa editrice e la mia scelta di auto-pubblicarlo, ho dunque rinnovato il look del romanzo per rendere l’insieme più coerente con la storia.


Una parola per salvarsi invece potrebbe ricordare le storie di Agatha Christie. A quale scrittrice ti ispiri?

VD. A parte la regina dei gialli che hai citato, adoro le scrittrici dal sapore un po’ vintage. Patricia Highsmith, Daphne Du Maurier, Anna K.Green, che sanno mantenere la suspense psicologica, unendola a un’ambientazione noir di grande fascino. Nell’ambito italiano, devo assolutamente citare Barbara Baraldi e Simonetta Santamaria, che mi hanno sempre catturato con la loro intensa scrittura e storie davvero intriganti dal sapore gotico.


Cosa consiglieresti alle aspiranti scrittrici che decidono di cimentarsi nel mondo thriller?

VD. Io applico la formula delle tre P : pazienza, perseveranza e passione. Sono i tre cardini che mi spingono a continuare su questo lungo e difficile cammino. Si sa dove si comincia e mai dove e se si arriva. Potrei, inoltre, consigliare di leggere molto, di assorbire la tecnica di altri, ma di renderla personale, sfruttando il proprio stile e ciò che ci si sente di esprimere. Correggere, riscrivere, cestinare e accettare consigli per migliorare. L’obiettivo che io scelgo è quello di scrivere ciò che mi piace e che spero possa anche emozionare i lettori.


Credo che la mia curiosità e quella dei lettori sia ampiamente soddisfatta. Ti ringrazio per il tempo concessomi e al prossimo romanzo.
VD. Grazie a te, Nico, per aver letto i miei romanzi e aver trovato un piccolo spazio per quest’interessante intervista. Ringrazio tutti i lettori del tuo blog con cui condivido la passione per i thriller!

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