Uno dei thriller meno attesi di questo novembre 2013 è Something Good diretto da Luca Barbareschi.
Quando si promuove un film, non si dovrebbe cominciare con una frase del genere: antipatica, saccente e nettamente di parte.
Ma se mi limitassi a copiare ed incollare il comunicato stampa, sarei poco onesto soprattutto con me stesso.
Si perchè Barbareschi mi è antipatico, e trovo antipatico soprattutto il fatto che un parlamentare percepisca uno stipendio da favola per starsene comodamente a casa sua, o girare i suoi film. Questo comportamento è una presa in giro nei confronti di noi italiani e dunque non me la sento proprio di appoggiare ed inneggiare la visione del suo nuovo film. Il comportamento mostrato da Luca Barbareschi nei confronti della iena Filippo Roma è stato un tantino sopra le righe, rispondendo con le mani invece che con le parole a domande a cui tutti noi italiani vorremmo risposte.
Per chi fosse meno di parte e più oggettivo di me, ecco alcuni spunti per vedere Something Good:
Trama: Un
piccolo villaggio nella regione dello Yunnan, in Cina
Una giovane donna, Xiwen, perde il
suo unico bambino, Shitou, che muore avvelenato da un alimento adulterato.
Nello stesso momento, dall’altra
parte del mondo, Matteo lavora per conto del gruppo Feng, una multinazionale
con sede ad Hong Kong che, fra molti altri affari, traffica cibo contraffatto
nel mondo. Per evitare l’arresto da parte delle autorità italiane e cinesi che
gli stanno dando la caccia, Matteo fugge dall’Italia riuscendo a salvare dal
sequestro un prezioso carico di alimenti adulterati del gruppo Feng.
Poche settimane dopo, a Hong Kong, il
fondatore e presidente dell’omonimo gruppo, Mr. Feng, nomina Matteo responsabile
del traffico internazionale di alimenti: inizia una scalata al successo senza
scrupoli.
Hong
Kong, tempo dopo
Matteo è a un passo dalla nomina ad
amministratore delegato del gruppo Feng dopo una lunga serie di successi.
È proprio in questo momento di
massimo prestigio che Matteo incontra Xiwen. Il trafficante di cibi adulterati
e la donna che a causa di quel traffico ha perso un figlio, si conoscono per
caso nel ristorante che lei ha aperto in memoria del bambino, per compiere una
personale battaglia per l’autenticità degli alimenti. Entrambi ignorano la
verità che l’altro nasconde e non immaginano che quell’incontro sconvolgerà le
loro vite.
Quella stessa notte, qualcuno,
stanco di vivere nella sua ombra, mette in atto un piano per incastrarlo.
Matteo è accusato di triplice omicidio e Xiwen è l’unica in grado di fornirgli
un alibi. Convinta della sua innocenza mente per lui, mentre Matteo, colpito da
quella donna, a sua insaputa salda per lei tutti i debiti del piccolo ristorante.
Mentre l’uomo cerca di allontanare
da sé i sospetti della polizia e di capire chi ci sia dietro il complotto, il
suo rapporto con Xiwen si approfondisce. Fra i due, che dovrebbero essere
destinati all’odio reciproco, divampa un amore più grande del caos che li
circonda.
Ma quando le rispettive verità
vengono allo scoperto, entrambi si trovano a dover scegliere fra difendere il
proprio passato o rischiare una strada nuova insieme…
Something Good è un film liberamente ispirato al romanzo di Carlotto e Abate: Mi fido di te.
Il tema portante è la sofisticazione alimentare. Le
frodi
alimentari
sono forzature chimiche sui prodotti gastronomici,
offerte
“da sballo” su referenze tradizionalmente di
spicco, sapori contraffatti ad arte in laboratorio. In un’economia dove i numeri ormai fanno la
differenza si propinano
alchimie alimentari studiate a tavolino, con disprezzo del gusto e del territorio di provenienza ma soprattutto
della salute, con un occhio rivolto solo ed esclusivamente agli strabilianti
guadagni che si possono originare da un tale commercio.

Per questo Matteo nel violare le
leggi di decine di Stati e quelle della sua coscienza, mantiene una sorta di
nostalgia, come un rimpianto della possibilità che le cose possano essere
diverse.
Il disgusto, il senso di intima estraneità,
la segreta aspirazione a far parte di un mondo diverso da quello marcio in cui vive e lavora, trapelano
dalla sua cura quasi maniacale nel mangiare (solo cibo controllatissimo), nel
vestire (un’eleganza all’inglese, come i padri dei suoi compagni di liceo) e
nell’igiene (porta sempre con sé delle salviettine disinfettanti, per
proteggersi dalla contaminazione con gli ambienti in cui lavora). Ha sviluppato
raffinate forme di autoassoluzione, nutrite da una visione cinica del mondo, che
alimenta la sua ironia corrosiva.
Something Good è stato realizzato con il contributo del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
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