Intervista a Diego Collaveri

Come nasce il commissario Botteghi?

La figura di Mario Botteghi incarna molte delle sfaccettature caratteriali dei livornesi. Sa essere duro e tagliente come una scogliera, ma è capace di una profondità e una saggezza davvero unici. Marco Frilli, fondatore della Fratlli Frilli Editori, era molto categorico sul dare le peculiarità territoriali ai protagonisti delle sue pubblicazioni, quindi Botteghi nasce proprio da questa connotazione. È un antieroe, una persona imperfetta che, in un mondo imperfetto e in cui si sente a disagio, si aggrappa al lavoro come unica cosa funzionante nella sua vita. Mi sono divertito a combinare cognomi e nomi usuali in città, per dargli un’identità credibile, e negli anni molti omonimi mi hanno contattato per dirmi quanto avessero apprezzato questa casualità, sintomo che il commissario è percepito proprio come vero appartenente alla città di Livorno.


Perché hai deciso di puntare su un personaggio seriale?

C’è sempre la tendenza a creare un legame personale duraturo coi personaggi con cui si prova empatia, sia come lettori che come autori, per questo magari anche inconsciamente si predispongono sempre le basi per un qualcosa che abbia la possibilità di proseguire nel tempo, ma poi in definitiva è il pubblico col consenso a decretarne un futuro seriale o meno. Editorialmente ci si può solo auspicare che ciò avvenga, ma l’alchimia che si crea tra personaggio e lettore, che spinge quest’ultimo ad aspettarne febbrilmente una nuova avventura, non si può decretare a tavolino. Per quanto riguarda Botteghi, anche qui devo ringraziare Marco Frilli che ha creduto sin da subito che questo commissario e il suo entourage avessero tutte le carte in regola per entrare nel cuore dei lettori e diventare un appuntamento fisso, intuizione confermata dalle numerose ristampe, dai premi e dalle aspettative sempre crescenti ad ogni nuova uscita, in special modo per la prossima, “Il Commissario Botteghi e il Mago – l’ultima illusione di Wetryk” che sarà tra pochi giorni in libreria.


In questa nuova avventura quali saranno le difficoltà che incontrerà il nostro protagonista?
Botteghi dovrà affrontare come sempre due diversi tipi di difficoltà, la prima dal punto di vista dell’indagine e l’altra dal punto di vista personale, ma stavolta queste si intrecceranno collimando nel tema che ho voluto affidare al romanzo. I libri di Botteghi sono storie che iniziano e finiscono, ma il personaggio ha una sua linea di crescita umana che attraversa ogni avventura; ne “Il Commissario Botteghi e il Mago – l’ultima illusione di Wetryk” questa sarà essenziale alla risoluzione del mistero.


Prendi ispirazione dalla realtà per la scrittura dei tuoi romanzi?

Assolutamente sì, sia dal presente che dal passato. Livorno è protagonista dei miei romanzi quanto Botteghi; la sua cronaca nera è la linfa vitale dell’indagine, ma al tempo stesso il suo passato si intreccia con l’impianto investigativo rendendolo ancora più radicato nella città. Questo mi ha spinto a ricercare e utilizzare fatti storici meno noti ai livornesi stessi, per riportarli alla luce, e quando ricevo apprezzamenti dai miei concittadini che mi ringraziano di avergli fatto scoprire un aspetto nuovo della loro città, per me è aver centrato l’obiettivo. Questo è anche il motivo per cui sento in particolar modo la prossima uscita, perché questa volta spero di restituire alla città non un luogo, non un fatto storico, ma un personaggio dimenticato: il grande illusionista livornese Wetryk, che raggiunse fama mondiale nei primi anni venti del secolo scorso tanto da esser definito “il Mago dei Re”, il cui ritiro dalle scene all’apice del successo, la prematura scomparsa e misteriosi fatti che ne susseguirono, gettarono nella dimenticanza il suo nome.


Quanto è difficile ambientare una storia thriller in Italia?

Credo che la risposta sia nel conoscere ciò che si scrive, sia come genere che come ambientazioni. Trattandosi i miei di noir metropolitani poi, le città devono essere il cardine di tutto il romanzo, ma anche leggendo altri generi ritengo che quando si ambienta una storia in un luogo che non è inventato, lo si debba conoscere a menadito. Che sia giallo, noir o thriller, ci deve essere sempre quella credibilità che porta il lettore in empatia con ciò che sta leggendo.


Progetti futuri?

Molti a dire il vero, ma a parte un racconto horror che uscirà in una antologia per Halloween, tutti a lunga scadenza purtroppo. Presto comincerò il tour di presentazioni de “Il Commissario Botteghi e il Mago – l’ultima illusione di Wetryk” che mi porterà in giro per l’Italia per diversi mesi, quindi ci sarà poco tempo per dedicarsi ad altro.


Il tuo rapporto con i blog?

Molto bello. Li ritengo fondamentali per la promozione e la divulgazione di un romanzo, senza contare che sono un test essenziale per un autore. Col tempo molti rapporti con questi si sono consolidati e con alcuni dei fondatori è nata proprio un’amicizia. Un paio mi hanno persino chiesto di collaborare come recensore di prestigio, ma purtroppo a malincuore ho dovuto rifiutare per mancanza di tempo. Sono una persona segretamente ansiosa e mi agita il pensiero di avere delle scadenze entro cui leggere un libro, anche per questo i blogger hanno tutta la mia stima perché per me sarebbe davvero difficile. Già pensare che presto dovrò rimettermi alla ricerca di una nuova storia per il commissario Botteghi mi getta in un piacevole panico.

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