
Prima di passare all’analisi del romanzo e dei personaggi, vorrei chiederle la scelta dell’uso di uno pseudonimo e dell’innovativo Booktrailer.
F.I.: Grazie a voi per aver pensato di ospitarmi! Ho scelto uno pseudonimo per due motivi, il primo di natura personale e il secondo invece legato alla convinzione che il romanzo possa e debba trovare i suoi lettori con le proprie forze, senza l’ingombro dell’autore. Lascio più che volentieri la scena ad Anna e Lucas, insomma. Il booktrailer è in realtà un piccolo divertissement, un modo di comunicare che ho voluto arricchire di piccoli enigmi e indizi.
Piccola curiosità: che significato hanno i numeri posti sotto le varie scritte all’interno del booktrailer?
F.I: Eh, la sfida sta proprio in questo, no? :-) Nel video sono contenuti almeno due ordini diversi di enigmi, uno piuttosto semplice che porta a un indizio fondamentale riguardante il romanzo e un altro, oggettivamente più difficile, che rivela qualcosa di diverso.
Come ho potuto leggere dall’interessante nota di chiusura, Il prigioniero della notte nasce da specifiche ricerche psichiche. Quanto tempo ci hai messo a realizzarlo?
F.I: L’ho scritto nel corso delle vacanze estive di tre anni fa, se non ricordo male. La scrittura ha richiesto tre settimane e poco più. L’ho pensato per almeno un anno, però.
Il punto forte del romanzo sono i due protagonisti principali. Come nascono e se diventassero personaggi cinematografici quali attori vedresti bene nei loro panni?
F.I: Lucas è nato subito, è il perno del romanzo, la sua mente è stata la primissima sfida che ho posto a me stesso. Anna invece è stata una sorpresa. A un certo punto della scrittura mi sono reso conto di avere bisogno di un contraltare per Lucas, e ho pensato che dovesse essere in terza persona… Poi invece Anna ha iniziato a parlare con una sua voce, si è imposta quasi con rabbia alla mia attenzione e non ho potuto far altro che ascoltarla.
La cosa che più mi ha colpito del romanzo è stato lo “stravolgimento” delle situazioni. Partiamo da un cecchino impazzito per poi ritrovarci a cacciare un serial killer. Quanto si è divertito a mescolare le carte e a confondere positivamente il lettore?
F.I: Tantissimo! Devo anche dire che benché conoscessi alla perfezione l’inizio e il finalissimo di questa storia, molto dello svolgimento interno e soprattutto il pre-finale e il finale sono nati in corso d’opera, sorprendendo anche me.
Nel romanzo si respira un senso di morte ma anche rinascita. Come è riuscito ad inserire questi temi all’interno del suo romanzo?
F.I: È la dicotomia che caratterizza in modo radicale Lucas, in modo forse meno radicale ma di certo altrettanto netto Anna, è lo specchio in cui si riflettono molti dei personaggi secondari, è il canto bitonale con cui tutti quanti, nel libro, devono fare i conti.
Nel complesso mi è sembrato un thriller molto americano. Ci sono scrittori di riferimento?
F.I: Tantissimi, non tutti americani peraltro. Sono cresciuto amando più Topolino che Paperino, perché il primo faceva il detective. E del secondo ho amato soprattutto l’incarnazione in Paperinik. Ho bevuto il tè con miss Marple e mi sono impomatato i baffi, ancor prima di averli, alla stregua di Poirot. Ho visitato Londra in ogni angolo grazie a Sherlock Holmes e a Watson. La mia città preferita degli Stati Uniti, ovviamente, è Castle Rock…
In chiusura, sentiremo ancora parlare di Anna e Lucas? Noi lettori lo speriamo vivamente…
F.I: Posso soltanto dire che io li sento ancora parlare, e che quello che mi raccontano mi sorprende e inquieta…
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